La parte più erotica del mio corpo è il CERVELLO. Senza, sarei soltanto un pezzo di carne sui tacchi.

I miei racconti

07 giugno 2011

Pioggia d’estate

Una notte calda mi sveglia.
Nessun rimedio al mio tormento.
Il frigo mi lascia insoddisfatta.
Una doccia non basta a spegnere il mio ardore.
Che pulsa dal fondo.
Sete.
Non d’acqua ma di carne.
Ti raggiungo.
Nuda e gocciolante.
Nei capelli e tra le gambe.
Mi sdraio sopra di te.
Il mio seno, sulla tua schiena.
Ti chiede, si offre.
Dalla finestra soffia un alito d’aria umida.
Un temporale mi suggerisce il ricercato sollievo.
Ti chiedo di seguirmi.
Prendo una sedia.
La porto in terrazzo.
Strada deserta davanti a noi.
Lampione acceso.
Le case attorno restano assopite.
Mentre io mi siedo su di te e gemo di piacere.
La tua saliva sul mio collo.
Il tuo seme dentro me.
E la pioggia d’estate a lavare via il nostro peccato.

05 maggio 2011

Maschile sensazione di piacere

Apro gli occhi. La vista è annebbiata. Li chiudo. Buio. Li riapro. Buio. Qualche attimo e tutto torna a fuoco. Sono nuda, sul pavimento di casa mia. Che ci faccio qui ? Uno strano formicolio nel ventre, i piedi intorpiditi, le cosce fradice. Sei di fronte a me, sdraiato a terra. “Bentornata. Mi stavi preoccupando.” Ti conosco, so chi sei. Ti guardo perplessa. Cercando di ricordare. So che stavamo facendo sesso. Mi sono spogliata, mentre eravamo sul divano. Ti ho stuzzicato strusciando la mia carne nuda sui tuoi vestiti, lasciando tracce del mio desiderio sui tuoi jeans. Ti sei alzato, tenendomi in braccio e mi hai fatta sdraiare a terra. Mi hai detto che mi avresti portata in paradiso. Sono scoppiata a ridere. Quanti uomini prima di te, me l’hanno promesso ? Non potevo immaginare che oltre il confine del piacere conosciuto ed esplorato, ci fosse una soglia che porta alla perdizione dei sensi, dei pudori e dei tabù ancestrali. E’ dentro al ventre di una donna che viene custodito il segreto che rende i sessi più vicini e confusi. Mi accarezzi, schiudi le mie gambe ed entri in me. Le tue dita mi conoscono. Conoscono la mia carne. La ascoltano. Infuocarsi, sussurrare, contorcersi. Ti chiede, si offre, ti prega di non smettere. Tu continui la ricerca. Mi guardi, con gli occhi di chi sa di avere un potere nelle sue mani. Infili, rotei, ti fermi e mi guardi. Aspetti che la maestria dei tuoi gesti, compia il miracolo di trasformare il mio sguardo da fiero, a implorante. Attendi che la mia carne ti indichi la via. Che i miei liquidi bollenti, rendano le tue carezze vellutate e morbide. Inarco la schiena, dirigendo lo strumento verso la meta altre volte esplorata. Un altro monte di venere spugnoso, interno a me, ti attende e si tende gonfio di desiderio. Lo sfiori, facendomi spalancare occhi e  gambe. Ti fisso, assaporando il piacere correre tra le mie vene. Sorridi compiaciuto. Hai domato la puledra scalciante. Ora è pronta per il trotto. Non mi concedi il tempo di ritrovare il mio sguardo orgoglioso. Mi vuoi soggiogare inebriandomi con il piacere carnale che dici di sapermi donare. Mi affido alle tue mani. Conducimi nei luoghi della perdizione promessi. Mi rilasso e ascolto il mio corpo vibrare dopo ogni tua carezza. Non riesco a capire dove sei e cosa stai sfiorando. Non conosco i meandri della carne che stai solleticando. Ma so che mi piace. So che mi fanno ribollire qualcosa di ancestrale. Di talmente profondo da non riuscire ad afferrarne la provenienza. Mi fermano la mente, facendomi dimenticare di avere un organo destinato al controllo del mio corpo. Hai spento il mio maledetto cervello. Ora sono solo impulso. Un corpo che freme, che vive, che muore tra le tue mani. Quello che riesci a toccare di me, laggiù in fondo, mi uccide. Mi toglie il fiato. Fa uscire un sospiro gutturale e sordo dalle mie corde. Un ultimo fiato. Il ventre si contorce. Ogni contorsione mi riporta alla vita. Per poi togliermela di nuovo. Fino a desiderare di strizzare la mia carne e lasciare uscire il succo della vita. Uno zampillio caldo e viscoso esce irruentemente da me. Non è lava colante di umori, non è fluente liquido dorato. E’ uno schizzo di vita che mi rende simile ad un uomo. Seme che esce da me, invece di entrare. Questa nuova sensazione mi confonde, mi fa vergognare, mi preoccupa. Ti guardo dubbiosa. Mi rispondi fermo, intenzionato a continuare. Cerco la tua mano, stringo il polso, per toglierla da me. Per rinunciare a quel momento e riportarmi alla mia natura di donna. La materia grigia è tornata a comandare. Non le lasci scampo. Una sola lieve carezza di un tuo dito e sono di nuovo in bambola. Mi concedo, ancora. Fammi tornare ad essere quel che non sono, un uomo. Mi sposti la mano. Vuoi che mi tocchi. Vuoi rendermi partecipe della metamorfosi. Non riesco a contrastare la tua volontà. La tua mano dentro, la mia fuori. Le mie dita cercano di contenere un clitoride sfacciatamente esposto. Lo titillano lievemente. Di più non potrei sopportare. Sento un dito tornare a solleticarmi. Torno a contorcermi di piacere umido e conosciuto. Non ho la minima idea di dove siano le altre e cosa di me stiano accarezzando. Sento solo una forte e calda contrazione arrivare da dentro, farmi desiderare di espellere qualcosa. Divento carne strizzata e pulsante, che fa schizzare altro seme. Vibrazioni di piacere immenso si impadroniscono di me. Del mio pube, del mio ventre, della mente e del corpo. Corto circuito di emozioni. La nuova, maschile sensazione di piacere, mi fa liquefare tra i miei umori. Mi spengo. Esausta.

13 aprile 2011

Faccio da sola


Quando mi tocco, lo faccio da sola.
Al termine di una giornata pesante, allegra, noiosa o appagante. Insomma, lo faccio spesso e senza un reale motivo, solo per darmi piacere. C’è bisogno di una scusa per concedersi altri vizi ? Non mi pare. Bacco non mi interessa, Tabacco neppure, lasciatemi Venere ci divertiremo assieme.  Mi piace sentire la mia pelle. E’ fatta di grana sottile, scorre morbida e polposa sotto le dita. Accarezzo la pancia, lentamente. Scendo lungo le gambe. Arrivo alle ginocchia e poi viro verso le coscie. Ne scelgo una, la destra. Ne comincio la tortura.
La sfioro, la solletico. Si increspa di piacere. Un brivido scorre dalla nuca al tallone.
Mi preparo a  godere del piacere che solo le mie mani mi sanno dare. Indugio, mi piace l’attesa. Chiudo gli occhi e ascolto il mio corpo. Il calore comincia a divampare. La lava comincia  a sgorgare. Un dito passa sotto alle mudandine,  ne solleva il bordo, si intrufola.  Esploro il mio pube, i polpastrelli ne perlustrano ogni centimetro, scovo i più sottili peli sfuggiti all’estitetista. Ci giocherello, pregustando il sadico piacere che mi darà strapparli dopo. L’indice si dirige verso il centro, si bagna di me, ritorna su. Cerca il bottoncino, lo solletica, lo abbandona. L’altra mano afferra l’elastico in alto, vorrebbe strapparlo. Mi concentro. Non devo concerdermi il massimo piacere. Non subito. Non sarebbe intenso come vorrei. Torno a sentire il velluto della mia pelle sotto alle dita. Mi allontano, ritorno. Mi regalo un’altalena di piacere. Ogni volta che la mia mano ritorna verso il fulcro di me, affonda le dita tra le gambe. Cercando di soprendermi e di perdere il controllo, con l’altra mano mi accarezzo l’interno della coscia. La pelle più sottile e levigata di me, la accoglie. Le gambe si chiudono. La costringono a rimanere e continuare a dare piacere. La schiena si innarca, offrendomi il pube. La testa non pensa più. È il corpo che parla. Pulsa. Vuole. E’ il momento di concedermi a me stessa. Torna in gioco l’indice, che raggiunge sicuro il bottoncino affamato. Ne delinea il contorno, formando dei piccoli cerchietti appena accennati. Aspetta che il sangue arrivi a gonfiarlo, come il vento fa con le vele. Il confine del piacere si allarga impercettibilmente, ogni attimo. La carne si inturgidisce, prende forma. Si erige. Pronta ad accettare carezze più decise. Sento il piacere sgorgare da là sotto. E mi piace. Chiudo gli occhi. Nessuna immagine maschile si intrufola nelle mie fantasie. Solo il pensiero del mio corpo che vibra sotto il mio stesso volere. Me ne compiaccio. Il dito medio raggiunge l’indice ed assieme continuano a sfregare circolarmente la mia carne, che diventa famelica e ansimante. Il ritmo accellera, all’unisono con il battito del cuore. I piedi faticano a stare fermi. Le dita si allargano. Il respiro diventa rauco. La mano libera cerca qualcosa da stringere. Afferra il bordo del letto, della scrivania o della sedia. Ci pianta le unghie ancorando la mente a qualcosa di solito per evitarne la fuga, in lidi di follia e estasi. Mi lascio pervadere da un piacere edonistico. Sto facendo l’amore con la persona che più conta al mondo. Me.