La parte più erotica del mio corpo è il CERVELLO. Senza, sarei soltanto un pezzo di carne sui tacchi.

I miei racconti

12 novembre 2011

LEGAMI

Stanca della certezza della mia supremazia. Annoiata dal potere che esercita il mio solo sguardo su di te, ho voluto provocarti dicendoti: “LEGAMI”. Toglimi la volontà e rendimi tua preda. Esercita la tua dominazione. Fammi vedere un po’ della tua perversione. So che c’è. E’ in tutti. Basta solo trovare quella giusta.
Mi adori, lo so. Non mi faresti mai del male. Ma per una volta voglio essere dolcemente maltrattata. Virilmente scopata. Ferma la mia determinazione e piegami alle tue volontà.
Hai frugato nei miei occhi in cerca di consenso. Da sotto al cuscino, ho sfilato una morbida cintura di seta rossa. Hai sorriso, pensando che in fondo anche stavolta ero io la regista, tu soltanto un attore. “Legami sul serio, stretta, in modo che non riesca a liberarmi”. E una pagliuzza di piacere ha infuocato il tuo sguardo. Ne ero sicura ! Era ciò che volevi, ma non osavi chiedermi. Avermi tua. Soggiogata al tuo volere. Libero di darmi piacere come e quanto vuoi. Mi conosci, sai cosa mi piace. Ma sai anche che il mio piacere, me lo vado a prendere dove mi pare. E quanto concedermi, sta a me sola deciderlo. Ma stavolta, ti lascio campo libero. Fammi vedere come mi faresti tua, se te lo lasciassi fare. Le braccia dietro la testa, sdraiata con le mani legate alla testiera del letto, mi sussurri all’orecchio: “per farlo per bene, devo privarti di un’altra cosa”. Ti guardo e sorrido, orgogliosa della rinnovata conferma della mia superiorità. Mi sfiori seguendo il pizzo del reggiseno, la mia schiena si inarca, lasciandoti passare dietro, sento le dita armeggiare con i gancetti fino a liberare le forme esuberanti, turgide di piacere. Mi fissi, ricambio con aria di sfida. Voglio vedere fin dove arriverai. Stupiscimi. Mi copri gli occhi con il reggiseno. Sento la lingua scendere verso il ventre e una scia di saliva imbrattarmi la pelle. Arrivi agli slip, li sposti affondando prepotentemente in me. Ti servi senza pietà, senza chiedere il permesso. Senza ascoltare i miei lamenti. “Così mi fai male, piano”. Non rispondi. Mi sfili l’intimo dalle caviglie e dici “Passati la lingua tra le labbra”. Obbedisco e sento le tue dita infilarsi nella bocca. La spalanco chiedendone ancora. Ma piacevolmente stupita, ricevo in cambio della stoffa. Riconosco i miei slip. Me li hai spinti dentro, per farmi capire che nemmeno le proteste sono consentite, in un piacevole gioco di dominazione. Ora io sono strumento e tu il mio seviziatore. Un brivido parte dalla nuca, facendo alzare tutta la pelle, inarcare la schiena e fibrillare i capezzoli. Ora sai che mi piace. Abusa di me ! Allargo le gambe e aspetto di sentire di nuovo la tua foga affamata. Non mi fai aspettare e ti servi. Mi lecchi, mi succhi, mi mangi letteralmente. Piccole intense fitte di dolore misto a piacere, mi fanno sgorgare il succo delle voglie più segrete. E’ di quello che vai pazzo. Del mio sapore salato, dolce, aspro. Ed ora legata, bendata e con la bocca tappata, non posso più decidere quanto lasciartene, ne quando privartene. Te ne cibi senza pudore, scavando dentro di me alla ricerca della miniera di quel seme prezioso. Ad ogni affondo, tremo e socchiudo la bocca in cerca di altra aria. Punto i piedi, inarcando il bacino per offrirmi di più a te. Sento le tue mani stringere le mie natiche, mi vuoi. Lo so, non riesci a trattenerti. Sai che se ti negassi ora e te ne andassi lasciandomi lì inerme e senza avermi dato altro piacere, mi faresti impazzire, ma non riesci a trattenerti. Vince la bramosia. Vinco io, anche stavolta. Ti sento affondare, spingere, tenendomi avvinghiata a te. Le gambe attorno alla tua vita. Con le mani mi tieni il bacino incollato al tuo. Mentre mi scopi, invano tento di gemere facendomi spazio tra il pizzo. Sento il piacere arrivare, il tuo non il mio. Sento il vigore farsi più turgido. Sento il calore esplodere in me. E mi aspetto che ti fermi. “Adesso, girati”. Obbedisco, riesco a mettermi carponi, i gomiti sul cuscino, i polsi legati alla testiera, gli slip in bocca, ma libera di vederti. Mi volto e ti guardo. Sei sempre tu, ma nel tuo volto c’è una nuova fierezza. L’eccitazione aumenta. Mi metti una mano sugli occhi e mi mordi una spalla, continuando a scendere a piccoli morsi verso il mio sedere che si offre. Ci appoggi le mani, lo stringi, lo lecchi, lo spalanchi per affondare la lingua nei luoghi più intimi. La foga aumenta, diventa frenesia. Desiderio incontenibile di sentire carne pulsare e bruciare. Necessità di appartenerti fino al più profondo dei luoghi carnali. Sento che ti prepari ungendoti, lo appoggi, aspetti di vedermi pronta. Con le mani afferro le doghe della testiera alla quale sono legata, tua prigioniera. Il mio respiro si fa più intenso. Senti il fiato entrare ed uscire prepotentemente dalle narici e la schiena alzarsi ed abbassarsi freneticamente, come una puledra scalciante, aspetto di essere domata. Attendi il momento giusto, un mio inspiro e affondi ! Un gemito violento esce dalla gola, bloccandosi sulla soglia delle labbra, mentre dentro di me divampa il calore dell’estasi. Fermi immobili ci godiamo entrambi questo momento di passione elettiva. Il mio ego ed il tuo si sono accoppiati, ora possono tacere. Ora è il turno della carne. Le tue dita si fanno strada tra  gli umori che sgorgano ancora da me. Sento che cercano un contatto con la tua carne. Un sottile lembo della mia li separa. Tenendole ferme, ti strusci dentro di me e su di loro. Ritmicamente, lento ed impietoso. Non so più se mi stai scopando o se stai usando il mio corpo per scoparti.
Ma l’impossibilità di ribellarmi, mi eccita e mi tiene piegata al tuo volere dispotico. I colpi diventano più secchi. Le dita più severe. La mano che mi tiene ancorata alla tua pelle, serra la morsa. Alla soglia del dolore vero, un’ultima spinta mi fa cedere i gomiti e crollare esausta sul cuscino. Ho bisogno d’aria e tu dolcemente mi liberi la bocca. Sento che mi sleghi. Dita ancora umide di me, mi sfiorano le labbra, passano alla nuca e scendono lungo la schiena. Arrivate al sedere, si trasformano in uno schiaffo. “La mia puledra è stata domata!”.