La parte più erotica del mio corpo è il CERVELLO. Senza, sarei soltanto un pezzo di carne sui tacchi.
I miei racconti
11 marzo 2011
08 marzo 2011
Il mio mentore
In molti ormai leggendomi si saranno fatti un’idea della femmina che sono e della donna che sono diventata. Alcuni si chiedono come ho fatto, almeno per quel che riguarda il sesso. Tutta colpa di un uomo. Come al solito ! E della mia attrazione verso quelli più grandi, complessi e complicati. Troppo facile avere a che fare con i miei coetanei, per una che fin da piccola aveva acquisito le tattiche di seduzione sul campo. Ed era anche fin troppo banale e noioso avere a che fare con uomini che capitolavano frettolosamente di fronte al mio burroso corpo di donna acerba. Molto meglio giocare con uno stimolante fuoriclasse. Uno al di sopra della mia portata, ma non troppo. Poco più che ragazzina io, uomo fatto ed esperto lui. Una sola esperienza di sesso nel mio passato, infinite donne sedotte nel suo. Un faro nella notte, lo definiva la mia amica. Belloccio, ma soprattutto carismatico. Uno di quelli che si fa notare in una stanza affollata. Per temperamento e modo di porsi. Anche solo stando fermo e muto. Era per come scrutava la gente, anzi le donne. Solo le donne. Le guardava con l'attenzione compiaciuta di chi sa leggerle e carpirne segreti e punti deboli. Teneva un mazzo di chiavi nel suo borsello ed ognuna di esse, apriva la porta di qualsiasi tipo di donna creata. Quella ferita, quella compiaciuta di se. La madre, la capo ufficio. Quella che fa la prima mossa e quella che aspetta il suo turno. Perché tanto con uno così, il proprio turno arriva sempre. Prima o poi, lui il tempo per te lo trova. Quella sera toccava ad Alice. Era scritto nel suo destino, anche se lei non lo sapeva. Era un venerdì sera. Mi ero preparata a dovere, ma per un altro. Un ragazzino che non aveva retto alla mia intraprendenza, dandosela a gambe prima ancora di sedersi al banchetto. Così avevo deciso di vendicarmi e di far salire in auto quell’uomo che al corso mi scrutava, con un sorrisetto compiaciuto. Un gruppetto di gente stava andando in discoteca e decidemmo di seguirli. In auto ci scambiammo solo qualche battuta. Nervosa e arrabbiata io, calmo e gioviale lui. Aveva capito il gioco della ragazzina e aveva tutta l’intenzione di aprofittarne. In fondo se uno era stato talmente sciocco da non acchiappare al volo un’opportunità simile, perché non avrebbe dovuto rimediare lui. I balli di gruppo divennero pretesti per fugaci toccatine e in un lampo tutta la gente intorno, sparì dietro ad una cortina di fumo giallognolo. Rimanemmo solo noi due o almeno così mi sembrò. A ballare come in quel film in cui “nessuno può mettere Baby in un angolo”. Ricordo solo il suo modo di cingermi la vita. Forte. Tenendomi stretta a se. Mi guardava dritta negli occhi, cercando qualcosa o vedendo qualcun altra che ancora non sapevo di poter essere. Un uomo mi stava facendo sentire la sua donna. Non avevo bisogno di altro, per essere eccitata e desiderosa di essere sua. Ce ne andammo, lo riportai alla sua macchina lasciata nel parcheggio del centro. Lo avevano divertito la mia guida sportiva e il mio atteggiarmi da esperta guidatrice. Scese, fece il giro, aprì il mio sportello e mi fece dondolare le chiavi della sua auto davanti al naso. “Vuoi provare a guidare con il cambio automatico ? Prova il mio, è tutta un’altra cosa “. Mi impartì un paio di consigli e partimmo. Sempre più divertito e rilassato lui, sempre più nervosa e spiazzata io. Gli chiesi dove stessimo andando. Mi disse: ”Da nessuna parte, ma se accosti tra dieci metri, siamo sotto casa mia.” Non osai batter ciglio. In fondo che poteva mai essere una situazione simile, per una navigata donnina come me ? Ostentai uno degli ultimi bricioli di sicurezza che mi rimanevano in tasca e salii le scale. Come il più abile dei burattinai stava facendo muovere la sua bambolina, facendole credere di essere autonoma. Mi fece sedere sul divano, lui mise un cuscino per terra davanti a me e ci si posò sopra. Mi sfilò uno ad uno gli stivali, massaggiandomi i piedi e chiacchierando di letteratura. Un uomo colto, intelligente, prestante e gentile mi stava coccolando e riempiendo di attenzioni. Come avrei potuto esimermi dal cedere e concedergli ciò che finora non si era neppure posto il problema di chiedere. Non occorreva. Non c’era fretta. Né esigenza. C’era solo volontà di giocare a vedere quando avrei ceduto. Mi disse che l’odore del fumo della discoteca gli dava fastidio. Se lo sentiva addosso. Andò verso il bagno, “stai pure lì mentre io mi faccio una doccia veloce”. Stai pure lì ? E per forza dove vuoi che vada? Sono qui, non so nemmeno bene dove e ci sono arrivata con la tua auto! Le note di quella che poi diventò la nostra canzone, mi tennero compagnia. Da quel momento in poi, ogni volta che avrei pensato a lui, mi sarei sentita “tra le braccia di un angelo”. Intanto pensavo a cosa avrei dovuto fare. A quello che lui forse si aspettava da me. A quello che sicuramente non avrei dovuto, ma che tanto volevo provare a fare. Nei miei sogni di donna mi sarei alzata, lo avrei raggiunto in bagno, togliendomi i vestiti uno ad uno di fronte a lui e finendo col lasciarmi bagnare d’acqua e di passione. Ma ero piccola e insicura. Mi sentivo tremendamente fuori posto e stupida. Mi alzai, diretta verso la porta d’entrata, non so bene con quale piano per ritornare alla mia auto. Lui uscì, asciugamano in vita, capelli bagnati. Non disse una parola. Si avvicinò lentamente, mi prese per la vita e mi assaggiò. Sentii la sua pelle bagnare il mio viso e la saliva mischiarsi alla mia. “C’è un altro asciugamano in bagno, è pulito, usalo. Ti aspetto a letto”. Non mi chiese nulla. Non ordinò nulla. Diede semplicemente voce ai miei pensieri. Chiusi gli occhi, entrai in bagno e decisi di dare un morso al biscotto che mi avrebbe fatta crescere di colpo, facendomi diventare la donna che sono. Non avvenne tutto quella notte, ma fu l’inizio. Uno ad uno mi tolsi tutti i veli della mia inesperienza. L’acqua ricoprì la pelle bianca, lavando via il mio profumo di ragazzina e il sudore dell’eccitazione. Uscendo dalla doccia, gocciolante di paura e di desiderio, avvolsi il mio corpo in un asciugamano bianco. Come una messale, ero pronta ad essere iniziata al mondo del piacere adulto. Non potevo sapere cosa mi stesse aspettando! All’uscita dal bagno, trovai una sola piccola luce a darmi la direzione verso la quale andare. Entrai in camera, vidi un baldacchino in legno con sopra un grande letto ad un metro dal soffitto. Una scaletta per arrivarci. Ad ogni gradino, l'asciugamano si slacciava. Lo lasciai cadere all'ultimo. Gli occhi di un uomo con il doppio dei miei anni, mi attendevano. Mi disse di sdraiarmi, mi accarezzò le spalle e la schiena, sentendo la mia tensione. Adagio, sciolse ogni mio muscolo e con lui ogni mia ritrosia. Ad un tratto mi resi conto di essere nuda, distesa accanto ad un uomo nudo. Volevo che sapesse che non ero una inetta donnina acerba. Così mi girai e la mia bocca si diresse subito verso il centro del suo piacere. Mi fermò. “Non è così che andrà. Non sarà una cosa veloce, né una cosa che hai già provato. Sarà nuovo, intenso e te lo ricorderai per tutta la vita. Si chiama Tantra. Ed ha bisogno di tempo.” Non sapevo se stesse dicendo sul serio o se scherzasse. Se mi stesse prendendo in giro o che altro. Sapevo solo che un uomo eccitato se ne stava sdraiato di fianco a me, senza passare alla frettolosa fase successiva. Dandomi il tempo di accettare questa nuova condizione, senza la paura che l’attimo svanisse. Mi accarezzò tutta, sfiorandomi con i polpastrelli e la lingua. Soffermandosi in quelli che poi scoprii essere i miei punti erogeni. Mi stava perlustrando, centimetro dopo centrimetro, portandomi ad un livello di eccitazione mai provata. Mi fece girare, mi baciò accarezzandomi il viso, i capelli. Intervallando tenerezza all’eccitazione, mi stava facendo raggiungere un orgasmo mentale, prima ancora che fisico. Era come andare in altalena. Ogni volta che pensavo di aver raggiunto il punto più alto, mi sentivo scivolare via. Apprezzando anche il senso di vuoto, che si prova nel lasciarsi cadere. Per poi ricominciare di nuovo a salire, cercando di raggiungere la vetta assoluta. Finalmente si decise ad entrare in me. E come tutto fino ad allora, anche quel gesto fu estremamente lento. Stupita da tanta immobilità, non sapevo cosa fare. Un suo sussurro all’orecchio, dileguò anche quel dubbio: “alza le gambe, appoggia i piedi al soffito e dirigimi verso il tuo piacere”. Mi lasciò sbigottita ! Avevo un uomo sopra e dentro di me, ma potevo decidere io come farlo muovere ? Fù una rivelazione che cambiò repentinamente la mia visione del sesso. Non fui mai più passiva, tranne che per mia volontà. Seguii le sue indicazioni, piedi sul soffitto, inarcai la schiena e dondolai il bacino decidendo profondità, frequenza e durata della sua penetrazione. Lui si godette lo spettacolo, quanto il più orgoglioso Pigmalione può esserlo dopo aver plasmato la sua creatura dalla creta. Quello che ne seguì furono incontri di sesso magico, in cui il raggiungimento del mio piacere era la base per cominciare a godere entrambi e non l’inutile ornamento di una visione alquanto egocentrica e maschilista dell’uomo medio. Nessuna spinta ossessiva, nessuna fretta spasmodica di arrivare (ma poi dove ?). Soltanto il giocoso girovagare nell’altrui fonte del piacere. Mi marchiò a vita dicendomi: “sei nata per fare sesso”. Lo presi come la lode, del maggior punteggio ottenuto all’università della vita.
01 marzo 2011
Ritorno da quello della chat
Sono tornata da lui ogni tanto. Il nostro solito rituale. Accordi precisi in chat. Un'orario, il citofono, le scale, la porta del suo ufficio che si apre, la benda sugli occhi e la sua schiava pronta ad eseguire cio' che lui vuole. Tutto come da programma. Tranne quella volta. La volta in cui tutto cambio'. Intenti come eravamo nei nostri piaceri, non sentimmo la porta pricipale aprirsi. Udimmo solo quando sbatte', chiudendosi. Eravamo nell'ufficio in fondo al corridoio, pochi metri ci separavano da chiunque fosse entrato. Mi disse di rimanere li' immobile, ancora bendata. Obbedii. Lui si rimise i pantaloni e si allontano'. Sentii che una voce maschile salutava il mio amico sconosciuto. Era il suo capo. Parlottarono qualche minuto. Poi lui rientro' dicendomi, che era nei guai. Che era sposato e che quell'incidente avrebbe avuto delle conseguenze enormi per lui. Ma il suo capo era disposto a chiudere la faccenda, se avesse potuto partecipare ai nostri giochi. Accettai, pensando che volesse solo guardare. Lui ando' ad avvisare il suo capo, il quale entro' subito dopo nella stanza. Un odore di colonia dozzinale permeo' la stanza all'istante. Non era sicuramente giovane. L'atmosfera si era raggelata. Il mio amico mi si avvicino'. Ero in piedi davanti ad una scrivania senza gonna, solo calze e perizoma. Mi tocco' tra le gambe. Ero calda e bagnata, eccitata ed impaurita. “Mettiti in posizione” mi ordino'. Mi piegai in avanti, a novanta gradi, mani sul tavolo. Mi infilo' le dita ovunque la' dietro, con foga! . Ero bagnatissima, frastornata da tanta irruenza, sentivo la mia carne cedere a quella brutale ma eccitante violenza, davanti e dietro. Dentro e fuori, ripetutamente, freneticamente. Spingeva uno, due, tre, quattro dita dentro. Si fermava, per riprendersi. La sua eccitazione era tale da non riuscire a trattenere la saliva che sentivo gocciolare sul sedere. Credo sia riuscito a infilare l'intera mano un paio di volte, perché l’ho sentito gemere più forte. Poi d'un tratto si fermo'. “Ecco dottore, e' pronta. Se la goda.” Mi aveva preparata per il suo capo! Il quale aveva assistito allo spettacolo calandosi i pantaloni e masturbandosi per bene. Il mio amico si mise seduto sulla scrivania, davanti alla mia faccia. “Metti le mani sulle mie gambe e stringi, fammi sentire quanto godi a farti scopare dal mio capo. E intanto tienimelo in bocca.”
Nel frattempo, sentivo avvicinarsi una presenza molle alle mie spalle. Era un corpo flaccido, che a contatto con la mia pelle si rinvigori'. Lo sentivo pulsare, anche se ancora fuori da me. Due mani mi spalancarono le natiche e due dita fredde, entrarono nella mia carne. “Sente quanto e' bagnata? E' pronta, si faccia sotto.” Io intanto non fiatavo, aspettando di sentire cosa mi avrebbe penetrato. Appena sentii le dita uscire, entro' la punta del suo pene e a fatica infilò tutto il resto, lentamente facendosi strada in quella carne fremente.
Non era del tutto in forma, il nonnetto ! Ma si riprese subito, non appena contrassi il sedere, glielo strinsi talmente tanto da farglielo resuscitare. Comincio' a pompare, avanti e indietro! Il poverino non aveva tanto fiato e non duro' molto, il cuore non gli avrebbe retto lo sforzo. Intanto stringevo le cosce al mio amico, che si godeva la mia lingua, la mia bocca e i miei gemiti di piacere. Oltre alla vista del suo capo nel mio culo! Impagabile, disse. Per alcune volte successive in cui riproponemmo la stessa scena al suo capo, per saldare il debito e mantenergli il posto di lavoro.
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