La parte più erotica del mio corpo è il CERVELLO. Senza, sarei soltanto un pezzo di carne sui tacchi.

I miei racconti

17 gennaio 2011

Big Gym

Ci frequentavamo da un po’, lui era un signore. Uno di quelli che apre gli sportelli dell’auto, sposta la sedia per farti accomodare, sbuccia i crostacei con coltello e forchetta. Quest’ultimo indizio avrebbe dovuto farmi intuire parecchio sulla sua indole a letto. In effetti le sue performance non erano un granchè. Intendiamoci, non mi aspetto scintille dalle primissime volte. Però oltre a non occuparsi troppo di me, era anche fisicamente poco dotato. Insomma, per farla breve, ce l’aveva piccolo e sottile. Di per sé non c’è da farne un dramma: su ciò che la natura dispone, noi non possiamo sindacare. Certo però, che se a me avesse dato un seno piccolo, avrei cercato di soddisfare il palato dei miei commensali con altre portate. E lui aveva dieci dita a disposizione, che se usate bene possono dare un piacere superiore di un unico membro. Ma non intendeva sporcarsi. Figuriamoci se uno che non usa le mani per mangiare, si lascia trasportare da giochini che prevedono il contatto con fluidi corporei. La cosa mi faceva sorridere all’inizio, ma col passare del tempo mi frustrava. Restavo sempre a bocca asciutta o nella migliore delle ipotesi, mi alzavo da tavola con ancora molta fame. E lui se ne stava rendendo conto. Cercava di soddisfarmi con altre attenzioni. Regalini, pensieri romantici, viaggi. Potevo anche considerarmi una donna fortunata. Avevo trovato un uomo che non riuscendo a darmi piacere carnale, mi ricopriva di piaceri materiali. Ma francamente, non mi bastava. Una sera come tante altre, lo raggiunsi nella sua deliziosa alcova, nel centro storico di una cittadella medievale. Mi aveva detto che sarebbe stata una serata speciale, mi avrebbe presentato un amico a cui teneva molto. Lavorava in un settore in cui le pubbliche relazioni erano importanti, quindi pensai che fosse una cena di lavoro. In fondo gli ero grata di tutta la sua generosità, mi ero quindi preparata a dovere per fargli fare bella figura. Con mia grande sorpresa, non ci spostammo molto. Il ristorante scelto era quello sotto casa, che di solito snobbavamo proprio perché troppo vicino. L’amico non si faceva vedere e lui era troppo nervoso per chiedergli come mai. Era sulle spine. Vedevo che scrutava attorno, guardava il telefono e l’orologio in continuazione. Pensando che fosse andato storto qualcosa e non volendo rincarare la dose, cercai di distrarlo. Feci scivolare una mano sotto alla tovaglia e gliela posai tra le gambe. Ma lui scattosamente me la tolse. “Non stasera !” mi disse, voltando lo sguardo verso le poche auto parcheggiate in quella piazzetta. Capii che non era il caso di continuare. Mi fermai al primo piatto, se la cena doveva continuare così, meglio farla finire in fretta. Anche lui pensò lo stesso. E infatti ad un certo punto, si alzò e andò a pagare, senza dirmi nulla. Non era da lui. Quando uscì, si diresse verso il portone che portava al suo appartamento, facendomi segno di seguirlo. Non ne avevo nessuna voglia. Mi stavo per inventare una delle solite scuse, scegliendo la più banale, per sottolineare il mio disappunto. Ma volevo ripagarlo con la stessa moneta, decidendo di salire, strofinarmici addosso, farlo arrivare al punto in cui di solito mi alzava la gonna e si divertiva per quegli interminabili, noiosissimi sette minuti di spintarelle impercettibili e senza lasciargli il tempo di infilarmelo, voltare i tacchi e andarmene per il gran mal di testa dovuto alla cena. Il piano era congeniato. Iniziai ad attuarlo salendo le scale. Entrata nell’appartamento al secondo piano, iniziai con le moine classiche. Ma fui interrotta dal campanello. Lui mi sorrise. Un sorriso imbarazzato e amaro, simile a quello che mi fece quando glielo guardai per la prima volta, cercando di celare la mia espressione stupita e la domanda che mi balenò in fronte: “e con questo, che cosa ci dovrei fare ?”. Le medesime perplessità che mi vennero quando lui mi disse che quello alla porta era il suo amico. L’ennesimo regalo per me. L’aveva conosciuto in palestra, si era assicurato sbirciandolo in doccia, che fosse il tipo adatto e gli aveva proposto la cosa. Aveva il compito di essere una specie di vibratore in carne e ossa a mia disposizione, per farmi finalmente godere. Restai sbalordita ! Andai ad aprire fremente quanto una ragazzina che scarta il regalo di natale. Chissà com’era il nuovo Big Gim da aggiungere alla collezione di Barbie. In effetti l’uomo che si presentò era di notevole prestanza e la cosa non mi lasciò indifferente. Perché no, mi dissi. Così gli lasciai campo libero. Senza troppi convenevoli, ci baciammo e cominciammo a spogliarci a vicenda. Ero talmente curiosa di vedere la misura del mio regalo che praticamente fummo entrambi nudi in pochi minuti. Con mia notevole sorpresa, le aspettative non furono deluse, il nome scelto al bambolo calzava a pennello. Era Big ! Finalmente mi dissi. Non riuscii a resistere alla voglia di assaggiarlo. Lui restò in piedi, mentre io mi inginocchiai e cominciai a leccarlo come fosse il primo gelato dell’estate. Quello che si sogna per tutto l’inverno. Dopo un po’, mi fermai. Il mio amico dov’era finito ? L’avevo completamente dimenticato. Mi voltai e lo trovai seduto sul letto. Sconsolato. Poveretto, non era giusto. Era sicuramente divertito nel vedermi giocare, ma credo si sentisse di troppo, non potendo competere con le dimensioni dello strumento a sua disposizione. Così pensai al modo di inserirlo nei nostri giochi. Mi misi carponi, nuda com’ero, avanzai verso di lui. Gli sbottonai i pantaloni. Leccai anche il suo. Ma non reagì. Si vergognava, credo. Così alzai lo sguardo, incrociai il suo e con tutta la malizia che avevo, gli dissi: “Che ne dici se mentre mi scopo il tuo amico, tu mi dai il ritmo ?” Una luce si accese nelle sue pupille. Lo presi per mano, mi alzi, andai verso Big Gim chiedendogli di sdraiarsi a terra. Mi inginocchiai sopra di lui, lo baciai. Scesi lungo il collo, il torace, i fianchi, leccandolo e mandando occhiate di piacere al mio amico che stava vestito, in piedi sopra di me. Presi con una mano il mio vibratore in vera pelle e me lo strofinai sul clitoride. Alzai la testa, guardai il mio amico e me lo infilai, tutto d’un fiato. Chiusi gli occhi per un istante, per godermi quel piacere privato. Carne possente, entrava in me, dopo tanto tempo e mi riempiva fin quasi a lacerarmi. Si ! Sentivo il mio liquido viscoso avvolgerlo e mi pervase la voglia incontenibile di farlo scivolare ancora in me. Spalancai gli occhi, guardando il mio amico e dissi: “Prendimi per le spalle e fammi scopare con lui, come vorresti che facessi con te” . Si mise dietro di me, buttai indietro la testa, per continuare a guardarlo negli occhi, aprii le braccia e aspettai. Lui si decise, mi prese sotto e mi alzò fin quasi a farmelo uscire, poi mi lasciò cadere e mi spinse, per farmelo stare dentro. Sgranai gli occhi e aprii la bocca, lui ci infilò la lingua. “Fallo ancora, fammi godere” dissi. Mi prese ancora le braccia e cominciò a manovrarmi, come se fossi la sua bambola. Facendomi ruotare il bacino, alzandomi poco o tanto, lasciandomi cadere o spingendomi, più e più volte. Mi stavo divertendo a guardare il mio burattinaio, mentre cercava di dirigere il mio piacere, usando lo strumento di un altro, non curante di chi mi stava sotto. Finchè, mi lasciò dicendomi “Adesso cavalcalo come solo tu sai fare, io mi siedo sul letto a godermi lo spettacolo”. Diedi un’occhiata allo stallone e vedendolo tranquillo e divertito, decisi di dare il meglio di me. Mi alzai e mi sedetti su di lui, dandogli le spalle. Le sue mani presero il mio sedere, lo strinsero. Cominciai a cavalcarlo, stringendo le gambe sui suoi fianchi e aumentando il ritmo, fino a farlo impazzire. Mi tolsi un attimo prima che venisse, facendomi schizzare sulla schiena. Mi alzai e andai in bagno. Ci rimasi il tempo necessario a farmi una doccia, per dare il tempo ai due di salutarsi senza di me. Quando mi decisi ad uscire, rivestita e profumata, mi avvicinai al mio amico, lo baciai per l’ultima volta e gli dissi: “Sei davvero un signore, non potevi trovare modo migliore per finire in bellezza la nostra storia.” E me ne andai.

5 commenti:

  1. ciao!! ti "scopro" solo ora... purtroppo... credo sarò un tuo assiduo frequentatore... peccato solo virtualmente... credo mi divorerò tutti i tuoi racconti... il primo già mi ha fatto impazzire.... a presto spero!

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  2. grazie, Beppe ! Non ti preoccupare, il meglio deve ancora venire !!!

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  3. Alzai la testa, guardai il mio amico e me lo infilai, tutto d’un fiato. Chiusi gli occhi per un istante, per godermi quel piacere privato. Carne possente, entrava in me, dopo tanto tempo e mi riempiva fin quasi a lacerarmi. Si ! Sentivo il mio liquido viscoso avvolgerlo e mi pervase la voglia incontenibile di farlo scivolare ancora in me

    anche se sono un maschio...e un gran porco..... :-) ho sentito dentro la pancia quello che hai scritto....... questa è poesia....

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  4. I tuoi racconti sono molto toccanti,molto veri e originali come se stesse succedendo davvero mentre leggo...Complimenti,anche se a dir la verita provo invidia per il tuo amico "BIG GIM",vorrei essere anche io il tuo amico big gim per poter succhiare il tuo liquido viscos.grazie delle emozioni,il tuo carlitosway di facebook

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