La parte più erotica del mio corpo è il CERVELLO. Senza, sarei soltanto un pezzo di carne sui tacchi.

I miei racconti

06 dicembre 2010

Il fioraio

Dopo mesi di tira e molla ho accettato la sua proposta. Mi stava chiedendo di uscire da troppo tempo e troppo insistentemente. Era stato paziente e premuroso, ma sentivo che stava per abbandonare il gioco. Un uomo non si può lasciare per troppo tempo senza l’illusione della preda.
Avevo deciso di invitarlo da me, cucinare per lui e di concedergli anche quello a cui più aspirava. Il mio personalissimo dolce, fatto di nettare e carne di donna.
Sistemata la casa, passo a preparare me. Doccia, una veloce passata di rasoio ovunque, giusto per togliere qualche traccia di ricrescita e rendermi più liscia ed appetitosa. Crema per vellutare e idratare la pelle. Smalto per abbellire i miei piedini di fata. Piastra nei capelli, profumo nel collo, rossetto alle labbra. Pronta. Accendo il forno, controllo che le vaschette della rosticceria siano di alluminio e non di plastica e do un’ultima occhiata in giro. Fiori ! Mancano dei fiori in questa stanza. Magari li porterà lui. Si, come no ? Da quando gli uomini sono tornati ad essere romantici ? Porterà del vino, pensando di dovermi ubriacare per riuscire a portarmi a letto ! E io invece, ho bisogno di fiori. Ho voglia di essere inebriata dal profumo dei lilium mentre lo sedurrò. Che ore sono ? Dicianove e quindici, a lui ho detto per le venti, ce la posso fare. Il fioraio è qui vicino. Salgo in auto, in due minuti sono davanti al negozio. Le luci si sono appena spente e la serranda sta scendendo. Mi catapulto fuori dallo sportello, corro all’entrata cercando di non slogarmi una caviglia, con quei tacchi.
Ormai giusto quelli si possono vedere dall’interno del negozio. Ma funzionano ! La serranda si ferma e torna su. Vedo il mio fioraio sbirciare da sotto. Mi sorride e apre la porta. “Sapevo che eri tu ! Con quelle scarpe e a quest’ora, chi altro poteva essere ?” Mi imbrioncio, come una scolaretta ripresa dal bidello. Poi lo guardo e sbattendo le ciglia gli chiedo se mi può dare qualche lilium. Mi risponde indispettito che non ne ha più. Non a quest’ora e non per me. Perché non per me ? “Perché tu vieni qui sfoggiando i vestiti più corti e le scarpe più alte, mi racconti le tue avventure senza tralasciare i dettagli dei dopo cena, mi lanci occhiate da gatta e poi con i fiori in mano te ne vai. Lasciandomi qui a pensare a cosa ne farai di quei fiori e di quei vestiti. Non hai mai pensato che sono un uomo anch’io?”. Però che coraggio, per un mocciosetto di vent’anni. E’ arrossito vistosamente, mentre me lo diceva. Ma la voce l’ha mantenuta ferma. Non un’esitazione. Ok, uomo ! E cosa vorresti da me, che sono una donna ? Lo interrogo come una sfinge, con aria da sfida a poker. Vediamo se ha il coraggio di venire a vedere che carte ho. “Vorrei vedere cosa indossi sotto a quei vestiti” L’audacia dei ragazzini appena cresciuti, con nulla da perdere e molto da guadagnare. Ci penso un attimo, sorrido impettita. Alzo un sopraciglio, appoggio la borsa accanto alla cassa e sbottono il cappotto. Tre bottoni, uno ad uno, lentamente. Lui deglutisce, ma resta fermo. Lo lascio cadere a terra. Sotto è rimasto un vestitino nero in maglia e le autoreggenti nere, con la riga dietro. Tocca a te, gli dico. Vediamo se ha il coraggio. Fa un passo avanti, io uno indietro. Le mie spalle trovano il bancone. Mi devo fermare. Lui esita. Io rido, sonoramente. Sapevo che non ne avevi le palle, ragazzino. Rilancio, accovacciandomi davanti a lui, per raccogliere il cappotto. Scendo con il viso rivolto a lui, lungo tutto il suo corpo e nel farlo, faccio strusciare il mio seno sul suo fianco. Qualcosa si agita tra le sue cosce. Il serpentello ha preso vita ! Non posso trattenere un sorrisetto compiaciuto. Ho vinto anche stavolta. Afferro la borsa. Gli volto le spalle e mi dirigo verso la porta. Sento dei passi dietro a me, si sta allontanado. Poveretto. Deve vergognarsi come un bambino umiliato alla lavagna dalla maestra per la quale aveva una cotta. Poso la mano sulla maniglia, ma vengo bloccata da un rumore. E’ la serranda. Si sta abbassando ! Mi giro, indignata ! Che succede ? Mi vuoi fare i dispetti e lasciarmi qui al buio ? Cresci, moccioso. E fammi uscire. “No, tu da qui non te ne vai finchè non mi avrai fatto sentire come un uomo dopo aver scopato una donna come te” Mi si secca la gola. Resto di pietra. Provo solo a dire, mi aspettano a casa. “Tu a casa non ci torni tanto presto, fidati. Vieni qui e torna a strusciarti. Ricominciamo da lì.” Soltanto dopo un paio d’ore trascorse tra il profumo dei fiori che si mischiavano agli odori dei nostri corpi, è stato sazio di me. Dopo avermi conosciuta, perlustrata e penetrata in ogni luogo, con ogni sua parte, a lungo e con la virilità che appartiene solo ad un giovane affamato.

Quel poveretto fuori da casa mia, invece è rimasto a pancia vuota e bocca asciutta ancora per molto, molto tempo !

3 commenti:

  1. Copio e incollo le tue parole " Ti prego, lasciami un commento, mi ecciterà leggerlo ! "
    Ma come preghi un uomo? per eccittarti.....
    Tu la "Maledetta seduttrice " Che domina le situazioni???
    Il fioraio, uno spettacolo, sotto la serranda si notavano i tacchi, e Tu come una maestrina degli anni 70, e lui come Pierino che si sollazzava, mentre l'uomo della cena, attende con il suo vino colei che non ritorna Spettaccolare:-)
    Firmato "L'Amico"

    RispondiElimina
  2. Essere Mistress è facile...diventare Slave al momento opportuno invece, non è da tutte...

    RispondiElimina
  3. Sottile e perfida............ Bello

    Essere mitress è semplice essere Slave ( corporali) banale
    Essere una slave che conduce il gioco, è sottile e non da tutte Ma essere un master mentale ancora piu' raro Firmato " L'Amico"

    RispondiElimina